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Dott. Fabio BONINI

30 Settembre 2023 - 01:50
FAI IL TEST DELLA EIACULAZIONE PRECOCE
(pubblicato su European Urology Agosto 2007).

a)Quanto è difficile per te ritardare l’eiaculazione?
0- Per niente difficile 1- Un po’ difficile 2- Moderatamente difficile 3- Molto difficile 4- Estremamente difficile.
b)Ti capita di eiaculare prima che lo desideri?
0- Quasi mai o mai; 1- Meno di metà delle volte 25%; 2- Circa metà delle volte 50%; 3- Più della metà delle volte; 4- Quasi sempre o sempre.
c)Eiaculare prima che lo desideri ti fa sentire frustrato?
0-Per niente; 1-Leggermente; 2-Moderatamente; 3-Molto; 4-Estremamente.
d)Quanto ti preoccupa che la tua velocità di eiaculazione lasci insoddisfatta la tua partner?
0-Per niente; 1-Leggermente; 2-Moderatamente; 3-Molto; 4-Estremamente.

PUNTEGGIO TOTALE:
Minore o ugule a 8: non soffri di eiaculazione precoce.
Da 9 a 10: probabilmente soffri di eiaculazione precoce
Maggiore o uguale a 11: molto probabilmente soffri di eiaculazione precoce.
 
EIACULAZIONE PRECOCE
Si tratta di un disturbo sessuale molto frequente: colpisce il 20% dei maschi italiani adulti. Consiste nell’incapacità di controllare o ritardare l’eiaculazione: una minima stimolazione sessuale durante o addirittura prima della penetrazione può portare velocemente e prima di quanto lo si desideri all’eiaculazione. L’eiaculazione precoce può presentarsi in modo persistente o ricorrente e spesso genera disagio, frustrazione ed insoddisfazione sessuale. L’eiaculazione precoce può dipendere da cause di natura organica (neurobiologiche, uro-andrologiche, neurologiche, endocrinologiche, da farmaci o droghe) e psicologica. Può essere primaria (più diffusa) o secondaria (ad insorgenza tardiva). A volte può essere la spia di problemi prostatici tipo prostatite, che non ha dato altri sintomi; per cui può insorgere in ragazzi non più tanto giovani e può essere causa di attriti all'interno della vita di coppia. Esistono diversi trattamenti per questo problema: topici, per via orale, terapie comportamentali. Necessita sempre comunque di un inquadramento diagnostico completo.
 
DISFUNZIONE ERETTILE
La disfunzione erettile (DE) viene definita come l’incapacità a ottenere e mantenere un’erezione soddisfacente per l’attività sessuale. Interessa milioni di uomini in tutto il mondo: negli USA ne risultano affetti dai 10 ai 18 milioni, in Italia circa 3 milioni. Gli uomini di età compresa tra i 50 e i 59 anni hanno una probabilità tre volte superiore a quelli di età compresa tra i 18 e i 29 anni di soffrire di DE.
Classificazione: la DE può essere secondaria a: fattori vascolari, neurologici, ormonali, psicologici e iatrogeni (dovuta ad interventi chirurgici o a terapia farmacologiche). Importanti fattori di rischio sono: il diabete,l,ipertensione, la sindrome metabolica, l’ipertrigliceridemia e l’ipercolesterolemia, il soprappeso, il fumo, l’uso di droghe, l’abuso di sostanze alcoliche, la via sedentaria.

La DE è associata ad un importante scadimento della QUALITA’ della VITA, non solo negli aspetti sessuali e relazionali della coppia, ma anche nella vita sociale, nelle relazioni con gli amici e la famiglia e nella situazione economica. La disfunzione erettile viene infatti per lo più vissuta come un handicap, una malattia invalidante che da origine delle reazioni nell’ambito personale, sociale e relazionale. Nell’ambito personale le reazioni sono: ansia da prestazione, atteggiamento “contemplativo”, calo del desiderio, ansia generalizzata e persistente, condotta di esitamento, depressione reattiva. Nell’ambito sociale possono esserci ripercussioni negative nella relazione con gli amici e sulla capacità lavorative: dopo le patologie tumorali la D.E. è la malattia che maggiormente influisce sulla socialità con immediate ripercussioni negative sull’attività lavorativa. Infine, nell’ambito della relazione con il partner si può assistere a modificazione della dinamica di coppia, paura del rifiuto, vissuto di rifiuto del partner, polarizzazione sull’inadeguato soddisfacimento sessuale, aumento della conflittualità di coppia, crisi dei ruoli. Le donne partners con DE sono particolarmente vulnerabili alla paura del rifiuto e dell’abbandono: la loro prima “spiegazione” al problema DE è: ha un’altra, mi vuole lasciare!!

Terapia della DE: aumenta la QUALITA’ della VITA dei pazienti.
Occorre tuttavia, prima di parlare della terapia famacologica della DE, sottolineare la necessità di un cambiamento dello stile di vita, occorre perciò: aumentare progressivamente l’attività fisica, calo ponderale (controllato da specialisti del settore) nei casi di soprappeso; astensione dal fumo, sostanze alcoliche e droghe; trattare le co-morbidità (compenso metabolico glicemico e lipidico, controllo dei valori pressori).

TERAPIA ORALE PER LA DE:
I farmaci oggi maggiormente utilizzati per il trattamento della DE appartengono alla classe degli inibitori della 5fosfofiesterasi e sono(in ordine alfabetico) il SILDENAFIL (nome commerciale VIAGRA), il TADALAFIL (nome commerciale CIALIS) ed il VARDENAFIL (nome commerciale LEVITRA). Hanno tutti e tre un elevato grado di efficacia e tollerabilità, un’ azione clinica visibile alla prima assunzione
 Controindicati in pazienti che assumono nitrati organici e donatori di nitrati
 Da cautela a controindicazione nella cosomministrazione di a bloccanti (a seconda del PDE5i e dall’ a bloccante impiegati)
 I risultati del trattamento migliorano con la ripetizione della dose
Possibili causa di inefficacia iniziale
• Carenza di stimolo erotico
• Dosaggio insufficiente
• Tono ansioso (es. timore di effetti collaterali). Eccessiva attenzione agli effetti del farmaco (scarsa spontaneità)
• Somministrazione non corretta (modi, tempi, alcool, ecc.)
• Comorbidità non trattate
• Fattori relazionali paziente / partner (es. ansia nel ripristino dell’attività sessuale dopo astinenza prolungata)

ALCUNE VOLTE ANCHE SE LA TERAPIA PER VIA ORALE SI DIMOSTRA INEFFICACE, E' POSSIBILE ESEGUIRE DELLE TERAPIE DI TIPO RIABILITATIVO, SOPRATTUTTO NEI PAZIENTI DIABETI OD IN ESITI DI PROSTATECTOMIA CON FARMACI VASOATTIVI (PROSTAGLANDINE INIETTATE DIRETTAMENTE NEL PENE)ASSOCIATE O MENO ALL'UTILIZZO DI DISPOSITIVI ESTERNI TIPO VACUUM DEVICE. IN CERTI CASI E' POSSIBILE CHE IN TEMPI SUCCESSIVI CI SIA UNA RISPOSTA ALLA TERAPIA CON FARMACI ORALI.

QUELLO CHE E'IMPORTANTE SOTTOLINEARE E CHIARIRE E'CHE A PRESCINDERE DALLE CAUSE CHE HANNO DETERMINATO L'INSORGENZA DEL DEFICIT DI EREZIONE: IL TRATTAMENTO DEVE ESSERE INIZIATO QUANTO PRIMA. E' INFATTI ORMAI AMPIAMENTE DIMOSTRATO IN LETTERATURA CHE L'INSORGENZA DI MODIFICAZIONI DELLA STRUTTURA DEI CORPI CAVERNOSI E DELLE ARTERIE CAVERNOSI INSORGONO MOLTO RAPIDAMENTE E SE NON SI INVERTE IMMEDIATAMENTE QUESTA TENDENZA IL PROBLEMA TENDE A RISULTARE DEFINITIVO.

LE TERAPIE PER LA DISFUNZIONE ERETTILE QUINDI A MIO AVVISO NON DEVONO ESSERE SOLO E SOLAMENTE CONSIDERATE COME NECESSARIE PER AVERE UN RAPPORTO, BENSI' HANNO UN CHIARO ED EVIDENTE SIGNIFICATO RIABILITATIVO.
 
INDURATIO PENIS PLASTICA
INTRODUZIONE: La Induratio Penis Plastica (IPP) o malattia di La Peyronie prende il nome dal chirurgo che la scoprì nel 1743: è una malattia del pene a causa sconosciuta, caratterizzata da una “placca”, ovvero da una zona di fibrosi che appare dura al tatto palpabile sul pene subito al di sotto della cute. Questa placca (localizzata sulla tonaca albuginea del pene) non essendo elastica impedisce la normale distensione del pene durante l’erezione, causando pertanto una curvatura verso il versante malato. Generalmente la placca si presenta intorno ai 50 anni, con senso di formicolio al pene anche in stato di flaccidità, spesso con dolore soprattutto durante l’erezione, ed incurvamento del pene in erezione. Questi fenomeni talora sono secondari ad un pregresso traumi o microtraumi del pene (spesso durante il rapporto): un trauma a pene eretto determinare delle lacerazioni a carico della tonaca di rivestimento del pene (albuginea) a cui conseguono i normali processi riparativi dell’organismo. Tali fenomeni riparativi all’inizio producono una infiammazione locale e, nel tempo, probabilmente in individui predisposti, causano la formazione di una cicatrice: la placca di I.P.P. Successivamente sulla placca si depositano sali di calcio col risultato finale di placche calcifiche tipiche delle IPP stabilizzate. La I.P.P. è più frequente nei diabetici. La placca, può determinare untale incurvamento penino tale da rendere difficoltosa se non impossibile la penetrazione, che può risultare altresì fastidiosa e spiacevole per la partner. Inoltre tale placca può essere associata a deficit dell’erezione stessa.
INSORGENZA E SINTOMI. La malattia nel 50% dei casi ha esordio acuto e nell’altro 50% dei casi esordio insidioso e lento nel tempo. La metà dei pazienti riferisce circa 1-4 settimane prima dell’insorgenza della curvatura un evento traumatico a livello penieno accompagnato da dolore acuto durato da pochi minuti a qualche giorno. L’altra metà dei pazienti non riferisce di traumi. La malattia presenta una fase acuta e una fase di stabilizzazione. Nella fase acuta il paziente lamenta dolore spontaneo o all’erezione e curvatura del pene in erezione e, meno frequentemente, anche in stato di flaccidità. Nel la fase di stabilizzazione i processi infiammatori sono risolti e residua una placca calcifica non rispondente a terapia medica. E' dunque fondamentale aggredire la malattia nella fase acuta, per ridurre la formazione della cicatrice e il deposito dei sali di calcio.
DIAGNOSI. Più è precoce meglio è. La diagnosi di IPP si fa con:
- anamnesi (modalità e tempi di insorgenza, sintomi, manifestazioni associate, vita sessuale);
-autofotografie, in almeno due proiezioni, che il paziente deve eseguire a pene eretto che permettono di calcolare l'esatto angolo di curvatura del pene;
- visita;
- ecografia peniena a pene flaccido e in erezione farmacoindotta.

TERAPIA MEDICA. Non esitono protocolli universalmente accettati per il trattamento di questa malattia. Queste terapie hanno un razionale quando vengono impiegate nella fase iniziale della malattia (fase infiammatoria) per attenuare o bloccare quei fenomeni che portano alla formazione della placca.
Attualmente la terapia non chirurgica dell'IPP comprende trattamenti suddivisibili in 3 categorie:
1) TERAPIA PER VIA ORALE: quello che viene attualmente più utilizzato è la Vitamina E che attraverso un'azione eutrofizzante ed antifibroblastica, agisce positivamente sul rinnovamento cellulare.
2) TERAPIA FARMACOLOGICA LOCALE: le vie di somministrazione dei farmaci per via locale sono due, l'infiltrazione tramite siringa peri o intraplacca e la iono o iontoforesi, con la quale ci si affida alla penetrazione del farmaco per via transdermica, attraverso l'uso di una corrente elettrica. Anche in questo caso i farmaci utilizzati sono stati molti; attualmente i più utilizzati, da soli o in associazione, sono il Verapamil e Cortinonici.
3) TERAPIA CON MEZZI FISICI: si indentificano quei trattamenti che utilizzano ultrasuoni o energie LASER. Sono forme di trattamento ben tollerate, senza effetti collaterali, ma che non si sono dimostrate più efficaci rispetto ai trattamenti già illustati.Attualmente a Novi Ligure è possibile eseguire, in regime di convenzionamento, applicazioni di onde d'urto.

TERAPIA CHRURGICA. Deve essere riservata nei casi di malattia stabilizzata (da almeno sei mesi) nei quali la curvatura è tale da compromettere la funzione sessuale. Gli interventi di plastica ricostruttiva possono essere raggruppati in due tipi: a) interventi di raddrizzamento senza escissione della placca, b) interventi di escissione della placca che viene sostituita con vari materiali a seconda della tecnica. Gli interventi di semplice raddrizzamento, che sono quelli da me eseguiti, prevedono la creazione di una trazione controlaterale alla retrazione esercitata dalla placca e determinano un accorciamento del lato più lungo del corpo cavernoso (lato convesso) in modo da renderlo simmetrico al controlaterale. Questi interventi sono eseguiti in regime di Day Hospital, prevedono una notte di degenza in osservazione, non causano problemi di erezione. In casi di grave deformazione del pene associato a deficit erettile il trattamento chirurgico prevede il posizionamento di una protesi peniena.



 
PREVENZIONE IN ANDROLOGIA
INTRODUZIONE. Secondo stime dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (WHO) l’infertilità colpisce il 15-20% delle coppie in età fertile nei paesi industrializzati. Una causa maschile è riscontrabile nel 30% dei casi, mentre nel 20% dei casi è presente sia un fattore maschile che femminile. Secondo stime approssimative la nuzialità media in Italia è di circa 300 mila matrimoni/annui, per cui 30-45 mila coppie avranno problemi riproduttivi e ci saranno circa 15-20 mila maschi all’anno con problemi di fertilità. In effetti nel nostro Paese sono circa 30 mila le coppie che si sottopongono ogni anno ad un programma di fecondazione in vitro3. Le patologie della sfera riproduttiva a seguito di un progressivo incremento stanno pertanto assumendo un rilevanza sociale anche per il forte impatto economico delle attuali tecniche di riproduzione assistita. In particolare a fronte dell’importanza dell’incidenza del fattore maschile nell’ambito della patologia riproduttiva, il venire meno dello screening rappresentato dalla obbligatorietà della visita di leva contrasta pesantemente con la necessità confermata da alcuni studi di un intervento nelle fasi precoci dello sviluppo maschile. Si rende pertanto necessario una concreta azione di sensibilizzazione dei giovani e delle famiglie anche tramite il coinvolgimento delle strutture scolastiche nei confronti delle patologie andrologiche giovanili.

ANALISI DEL PROBLEMA. Nei Paesi occidentali siamo testimoni della simultanea manifestazione di alcuni fenomeni: la riduzione progressiva della natalità (di circa il 12%), del deterioramento della qualità seminale, soprattutto della capacità cinetica e delle caratteristiche morfologiche a dal massiccio ricorso a tecniche di fecondazione assistita.
L’esigenza di occuparsi di prevenzione nel campo della salute maschile origina dalla constatazione di come l’andrologo si trovi spesso a intervenire su situazioni patologiche compromesse da diagnosi tardive e da un mancato intervento educativo e preventivo. E’ evidente come non vi sia sufficiente sensibilità e informazione sulle patologie andrologiche e come non si sappia ancora abbastanza sui rischi legati a cattive abitudini ed esposizioni a fattori di rischio noti (fumo di sigarette, abuso di sostanze anabolizzanti e/o droghe, malattie sessualmente trasmesse) e meno noti (rischio ambientale). A questo limite è necessario contrapporre ogni sforzo.
I dati della Letteratura Internazionale evidenziano che il 30-40% dei giovani maschi di età compresa tra i 14 e i 19 anni presentano una patologia andrologica. Questi dati confermano talaltro con l’osservazione che alla visita di leva il 45 % dei giovani presentava una o più patologie andrologiche che potevano in varia misura interferire negativamente con una normale attività sessuale e riproduttiva. Le patologie andrologiche di più frequente riscontro sono il varicocele (dilatazione delle vene del testicolo), l’idrocele (raccolta di liquido intorno al testicolo), l’ipospadia (apertura del meato uretrale esterno in posizione anomala), il tumore del testicolo, la fimosi (restringimento del prepuzio) e il frenulo breve. La Letteratura segnala anche un preoccupante incremento dei casi di criptorchidismo (causa di tumore del testicolo) verosimilmente legato all’introduzione di estrogeni con la dieta. Si tratta di patologie che in alcuni casi possono interferire sulla fertilità ma che spesso sono facilmente curabili e correggibili. Con l’inizio della attività sessuale possono inoltre manifestarsi patologie infiammatorie-infettive con ripercussioni negative sulla fertilità: una malattia sessuale oggi potrebbe voler dire nessun figlio domani8. Deve far riflettere l’osservazione che 6 giovani su 10 non conoscono l’esistenza delle malattie sessualmente trasmesse, mentre è noto che vorrebbero essere informati. Vi sono infine problematiche legate ad anomalie anatomiche (fimosi, frenulo breve, incurvamento penieno congenito) che a volte hanno un pesante impatto psicologico-emotivo sul giovane.
Se a questo si associa la limitata conoscenza di questo tipo di malattie e la scarsa propensione dei giovani (e ahimè anche dei meno giovani) a recarsi dall’andrologo, specialista peraltro sconosciuto alla quasi totalità dei ragazzi (e spesso anche dei loro familiari), emerge chiaramente che l’abolizione della visita di leva (dal 1 Gennaio 2005) ha posto un rilevante problema a livello di prevenzione e/o diagnosi precoce di questo tipo di patologie.

La necessità di fare prevenzione in campo andrologico ha pertanto ragioni di tipo sociale, scientifico, etico ed economico.
Sociale: la gravità, in termini di salute fisica e mentale per il singolo individuo e di impatto epidemiologico per la collettività, delle patologie andrologiche imputabili a un mancato intervento preventivo, è tale da rendere non procrastinabile un impegno delle istituzioni e della comunità scientifica.
Scientifico: solo realizzando studi prospettici longitudinali su popolazioni ampie e controllate sarà possibile individuare le strade attraverso le quali la prevenzione andrologica sia effettivamente praticabile.
Etico: non si può continuare a prescrivere diagnostica e terapie farmacologiche per cercare di rimediare a danni in parte prevedibili e prevenibili con l’informazione e con screening efficaci.
Economico: il risparmio in termini economici sarebbe evidente se si considera anche solo il costo dei farmaci o delle metodiche di PMA o le giornate di lavoro perse per accertamenti.

Occorre pertanto sviluppare una cultura della prevenzione nell’opinione pubblica al fine di diagnosticare precocemente quelle problematiche che potrebbero essere trattate agevolmente senza sequele future.
 
OMOCISTEINA e ANDROLOGIA
Omocisteina: che cos’è?
L'omocisteina è un aminoacido attualmente è sotto i riflettori della ricerca medica perché a un suo eccesso nell’organismo sembrano correlabili molte patologie: sarebbe un fattore di rischio indipendente poiché "da sola è in grado di aumentare l'incidenza di malattie cardiovascolari indipendentemente dalla presenza di altri fattori predisponenti". In realtà può essere indipendente solo per individui in cui l'innalzamento è genetico, ma per molti soggetti dipende da altri fattori di rischio come il fumo o la cattiva alimentazione.

L’omocisteina è un aminoacido sintetizzato nel nostro organismo per metabolizzazione della metionina che invece introduciamo con alimenti proteici quali derivati del latte, legumi, carni ed uova.
La metabolizzazione della metionina avviene nei reni con reazioni biochimiche complesse nelle quali giocano un ruolo fondamentale le vitamine del gruppo B: B9 (ac folico), B12 (cianocobalamina), B6 (piridossina), B2 (riboflavina).
In condizioni fisiologiche l’omocisteina prodotta viene trasformata nuovamente in metionina con la conseguente produzione di due nuove sostanze:
- SAMe: con funzione antidepressiva, antiartritica, epatoprotettiva
- Il GLUTATIONE con azione antiossidante e disintossicante.
Quando le vie metaboliche raggiungono la saturazione, l'omocisteina intracellulare entra in circolo e si ha un innalzamento dei livelli plasmatici di questo aminoacido; a questo punto l'omocisteina può legarsi alle proteine plasmatiche oppure essere eliminata per via renale. Un funzionamento corretto degli enzimi coinvolti nelle vie metaboliche dell'omocisteina è fondamentale affinché i livelli plasmatici di questo aminoacido restino nella norma.

Si parla di omocisteina alta ovvero di iperomocisteinemia quando i valori sono:
superiori a 13 micromoli / litro per gli uomini
superiori a 10,1 micromoli / litro per le donne

Il dosaggio dell’omocisteina può essere eseguito in condizioni basali ( a digiuno)o dopo prova da stimolo con metionina (viene somministrata metionina per bocca in quantità proporzionale al peso del soggetto). Quest’ultimo test permette di evidenziare sino al 20-30% di soggetti portatori di un metabolismo alterato risultati nei limiti della norma nel dosaggio di base

Conseguenze cliniche
Alcuni studi riportano che l'iperomocisteinemia rappresenta un notevole fattore di rischio nello sviluppo della malattia di Alzheimer; inoltre si è osservato un elevato livello ematico di omocisteina nelle donne colpite da preeclampsia, distacco placentare e aborto spontaneo. Livelli ematici di omocisteina superiori alla norma sono stati osservati inoltre nelle donne che hanno partorito bambini sottopeso o con difetti del tubo neurale. Infine, l'iperomocisteinemia viene considerata un forte fattore di rischio per fratture dovute a osteoporosi.
L’iperomocisteinemia è attualmente considerata un importante fattore di rischio per lo sviluppo di malattie cardiovascolari (aterosclerosi coronarica ed infarto miocardico), cerebrovascolari (ictus cerebrale) e vascolari periferiche (trombosi arteriose e venose). Si stima che le persone con iperomocisteinemia abbiano un rischio circa doppio di sviluppare una malattia cardiovascolare rispetto a chi ha dei valori normali.
Elevati livelli ematici di omocisteina si riscontrano inoltre in alcune malattie (ipotiroidismo, psoriasi, lupus eritematoso sistemico, artrite reumatoide) e durante trattamenti con alcuni farmaci (metotrexate, carbamazepina, fenitoina ed isoniazide).
Cause di omocisteina alta
Valori elevati di omocisteina derivano da una alterazione del suo metabolismo. Assunzione di stili di vita errati in ambito alimentare , ma non solo, e patologie genetiche possono essere alla base di questo aumento
1) Stile di vita scorretto:
- Fumo
- Abuso sostanze alcoliche
- Inquinamento polveri sottili
- Dieta scorretta (scarso consumo frutta e verdure crude)
- Iatrogeno: da farmaci (tra i quali quelli che riducono il colesterolo, alcuni anticonvulsionanti)
2) Cause patologiche
- Omocistinuria: rara malattia metabolica diagnosticata alla nascita
- Mutazioni genetiche del gene C677T che causano deficit dell’enzima MTHFR
- Psoriasi, lupus eritematosus, ipotiroidismi, artrite reumatoide, insufficienza renale

Omocisteina e andrologia: quale legame?
Il legame è importante ed evidente in quanto l’iperomocisteinemia è correlato ad un danno vascolare che a sua volta può essere alla base di un disturbo dell’erezione. Il deficit erettile non deve essere considerata coma una “malattia” a se stante in quanto può essere la spia di un problema vascolare . Ovvero può essere la prima manifestazione clinica che più tardi si manifesterà con eventi ischemici cardiaci o cerebrovascolari.
I meccanismi con cui l’omocisteina plasmatica provoca danni a livello vasale non sono ancora del tutto noti. L’omocisteina risulta essere altamente lesiva per l’endotelio fino a provocare trombosi. Il meccanismo attraverso il quale l’omocisteina porta alla formazione di trombi sembra essere legato all’attivazione del fattore V endoteliale, all’inibizione della proteina C e alla riduzione dell’attività dell’antitrombina III. Inoltre, sembra che l’omocisteina da una parte antagonizzi la sintesi e la funzione dell’ossido nitrico endoteliale, riducendo in tal modo l’azione vasodilatante ad esso legata, e, dall’altra, provochi la formazione dell’anione superossido (O2) con conseguente aggravamento dello stress ossidativo. Un possibile meccanismo attraverso il quale l’omocisteina favorisce l’aterosclerosi potrebbe essere quello legato alla proliferazione delle cellule muscolari lisce, che a sua volta determina un aumento dell’adesione endoteliale con un incremento della deposizione di lipoproteine a bassa densità (LDL) e formazione di cellule schiumose. Inoltre l’omocisteina sembrerebbe agire direttamente sull’attivazione piastrinica con un aumento sia dell’adesione che dell’aggregazione.
Che fare in caso di omocisteina alta?
Se non dipende da malattie genetiche o da altre patologie ma da una scarso apporto nutrizionale di ac folico e di Vit del gruppo B, occorre integrare con la dieta: non viene raccomandata l’assunzione di supplementi farmacologici se non in casi particolari (gravidanza, menopausa, stress prolungato).
- Modificare gli stili di vita scorretti (astensione fumo, alcool, aumento attività fisica)
- Dieta: le Vit B si trovano nei vegetali verdi, ne contengono grandi quantità broccoli, carciofi, invidia, soia, germe di grano, lievito di birra, spinaci, rucola, fave, lenticchie; minori quantità nel cavolo verde, finocchio, lattuga, zucchine, piselli freschi, noci, pinoli, arachidi. Inoltre si consiglia assunzione di carni, fegato, pesce, formaggi stagionati, cereali integrali, molluschi, uova.
La cottura, la conservazione danneggiano l’acido folico.
 

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